domenica 11 settembre 2011

11 settembre 2001-11 settembre 2011

new york per 11 settembre 2011


Erano parecchie notti che il bimbo non mi faceva dormire, mi sentivo stanca ed anche il mio aspetto non doveva essere dei migliori se mio marito aveva deciso di entrare in ritardo in ufficio.
Svegliarmi senza il pianto del neonato e l'odore del pannolino da cambiare fu una strana ma piacevole sensazione; grata per le ore di sonno e pronta a riprendere il mio posto, mi sposto verso l'altra stanza, da cui provengono i suoni indistinti della televisione accesa sul notiziario del mattino.
La prima immagine che ricordo è quella di mio marito che si sta aggiustando la cravatta, il bimbo è lì vicino, sveglio e tranquillo, in attesa di un'altra giornata di passeggiate e scoperte e del solito giro da Fao Schwarz a toccare tutti i peluche; una luce morbida e tiepida filtra dalle finestre, sono da poco passate le nove ed io devo andare ancora a prendere dei documenti giù in downtown, che ieri non m'è riuscito di averli: "ne approfitterò per fermarmi da Di Palo a comperare del prosciutto", penso mentre mentalmente mi organizzo la giornata.
"Ho due cattive news: hanno appena chiamato dall'Italia per comunicarci una brutta notizia e poi guarda qui", dice mio marito con una strana espressione.
Mi giro verso la televisione e vedo un aereo dentro un palazzo che brucia; mi stropiccio gli occhi, devo aver visto male e penso che non va bene sintonizzare la televisione su programmi tanto violenti che il bimbo è piccolo, ma ci vede e borbotto pure qualcosa a tal proposito.
Metto meglio a fuoco le immagini e quello che vedo ora è proprio un aereo che si piega ed entra in un grattacielo che mi è familiare e poi una nuvola di fuoco e fumo.
"Ma che caspita di film trasmettono qui alle nove di mattina??", mi dico nella testa, resistendo ancora all'idea che quello che sto guardando è realtà.
Mio marito alza il volume della televisione, sento la voce concitata dello speacker, leggo i sottotitoli che si rincorrono con parole sempre più allarmanti e mi sembra di capire che degli aerei son entrati nelle Torri, volutamente degli aerei si son schiantati contro di esse, ce ne sono altri in volo e non si sa dove colpiranno, bisogna fare attenzione e prepararsi al peggio.
"What?", all'improvviso mi sembra di capire benissimo l'inglese e non mi piace per niente quello che sento.
Intanto il fumo che prima era nelle immagini della televisione è diventato visibile dalle mie finestre: è denso, alto, nero, biforcuto, piegato verso la mia destra, sembra panna colorata che monta e cresce... andrà avanti per molto tempo e quando non sarà più visibile con gli occhi, diventerà invece una presenza olfattiva che ci accompagnerà per giorni, giorni di silenzio angoscioso, interrotto solo dai caccia militari che sorvolano questa città ferita e stordita, incredula e spaesata,  ma che a me danno l'idea che ora siamo al sicuro, che anche se ne arrivasse un altro di aereo impazzito lo butterebbero giù ed intanto guardo il cielo azzurro e libero come mai mi era sembrato prima.
La paura arriva con le immagini dell'aereo che entra nel Pentagono; "porca miseria! se ancora coi primi due si poteva pensare ad un malore, ad uno sbaglio, con questo, che sfiora il terreno per sfondare l'inviolabilità di quelle mura, allora è un qualcosa di molto grave quello che sta succedendo.
Siamo sotto attacco e ci son dozzine di aerei ancora in volo, dove andranno a schiantarsi? quanti piani ha questo palazzo? dove scappo che qui siamo soli?".
Inizio a sentire il suono delle sirene dei truck rossi dei pompieri, sembrano essersi messe daccordo e suonano tutte in contemporanea, è un suono penetrante, assordante, inquietante, che nei giorni successivi, ed ancora oggi, mi scatenerà emozioni fortissime, fino alle lacrime, e che si alterna a quello dei caccia che, invece, mi tranquillizzano con i loro rombi inconfondibili ed ancora più assordanti. E pensare, invece, che quelle sirene mi sembravano puro esibizionismo fino a qualche ora prima, quando passavano accanto spaccandomi i timpani mi giravo a guardare male ed ero infastidita... quanto dolore avrei provato invece guardando l'ingresso della caserma dietro casa, caserma che giorno dopo giorno si riempiva di foto, di fiori, di peluche e di palloncini colorati. 
Mio marito esce per andare al lavoro, ma tornerà dopo poco, tutti gli uffici ed i negozi son chiusi, la città è paralizzata, le avenue verso giù son deserte e bloccate, quelle verso sù son fiumi di persone che scemano verso un'unica direzione, un fiume ordinato, silenzioso, impaurito, dove i tacchi ed il doppio petto vanno di pari passo al boot ed alla tuta, niente taxi, niente bus, si fa prima a piedi, tutti vanno via, si rimane in pochi e si pensa a cosa fare, all'emergenza che ci aspetta almeno per i primi giorni, a correre nell'ultimo negozio aperto per fare scorta di latte per il bambino.
Proviamo a chiamare in Italia per assicurare tutti che noi stiamo bene, ma le linee telefoniche sono bloccate, il web è bloccato, siamo soli ed isolati; funziona solamente il Messanger, ma non c'è nessuno connesso tra i nostri contatti; rimango ferma non so quanto davanti ad un monitor inutile e fuori dalla finestra osservo il fumo diventare sempre più grande, ma non sembra muoversi verso di noi, sembra andare più giù, chissà cosa si stanno respirando lì...
Una faccina gialla si accende all'improvviso sul monitor, qualcuno è connesso e mi affretto a scrivere: "stiamo bene, da noi non è successo nulla, dillo tu a tutti, state tranquilli", solamente il tempo di scrivere queste poche parole e poi per ore anche il web resterà in silenzio.


FINE


11 settembre 2001 impossibile dimenticare/ September 11 2001 never forget